In data di ieri la Cassazione ha messo, una volta per tutte, la parola fine all'incredibile vicenda del blog "Accadde in Sicilia", curato dal giornalista Carlo Ruta, già condannato, in primo e secondo grado, rispettivamente dal Tribunale di Modica e dalla Corte di Appello di Catania, per il reato di stampa clandestina e di diffamazione a mezzo stampa, assolvendo quest'ultimo dall'imputazione "perchè il fatto non sussiste".
A beneficio di chi non fosse a conoscenza di tale triste vicenda, più nota come il "caso Ruta" che, nel tempo, ha provocato frequenti dibatti e confronti di natura giuridica (e non solo....), pertanto, ne riassumiamo brevemente i termini.
Tutto nasce quando Carlo Ruta, giornalista e storico siciliano, nel lontano 2004, decide di aprire un blog, a sua firma, denominato "accadde in Sicilia" che affronta temi di mafia.
Per ordine della magistratura tale blog era stato chiuso, in quanto i suoi articoli erano stati ritenuti diffamatori nei confronti del P.M. di Ragusa, dott. Agostino Fera.
In particolare Carlo Ruta si era occupato dell’omicidio di Giovanni Spataro (giornalista de “L’Unità”), per mano del reo confesso Roberto Campria, figlio del dott. Saverio Campria, all’epoca, presidente del Tribunale di Ragusa.
Scontata la pena per diffamazione Ruta riapriva nuovamente il blog e, anche in tal caso, ancora una volta, il P.M. Agostino Fera ne chiedeva l’interdizione contestandogli, però, non più, il reato di diffamazione a mezzo stampa, bensì il reato di cui agli artt. 5 e 16 della L. n. 47 dell’8.02. 1948 “per avere intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile denominato “Accade in Sicilia” e diffuso, con registrazione avvenuta il 16.12.2003, sul sito internet www.accadeinsicilia.net senza che fosse stata eseguita la registrazione presso la cancelleria del Tribunale di Modica, competente per territorio”.
A seguito di tale imputazione Ruta veniva condannato al pagamento di un'ammenda, con sentenza n. 194 dell'8 maggio 2008 del Tribunale di Modica, poichè secondo i giudici, pur presentando il suo blog tutti i caratteri di una normale pubblicazione cartacea non era stato preventivamente registrato in Tribunale e non aveva individuato un Direttore responsabile.
Avverso tale sentenza il giornalista proponeva appello presso la Corte di Appello di Catania che confermava in pieno il provvedimento di primo grado.
Come è evidente una simile decisione aveva provocato un certo allarmismo in tutti i blogger italiani, potenzialmente esposti al rischio di vedersi coinvolti in un procedimento penale con la contestazione di stampa clandestina.
Entrambe le sentenze (di primo e di secondo grado) avevano, infatti, fondato la loro decisione sulla base di una letterale ed anacronistica interpretazione della legge n. 47 del 1948, più nota come legge sulla stampa.
Ai sensi dell'art. 5 di detta legge, infatti, nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato preventivamente registrato presso la cancelleria del Tribunale territorialmente competente, pena la sanzione penale prevista dall'art. 16 della legge stessa.
Ciò premesso il blog del Ruta era stato considerato un "vero e proprio giornale", assimilabile in tutto ad uno di tipo cartaceo per il concorrente presupposto della sua stessa denominazione di giornale conferitagli dall'autore "Accade in Sicilia giornale di informazione civile” e della sua "periodicità".
Dunque, leggendo tali motivazioni, secondo l'interpretazione data dagli organi giudiziari siciliani, non tutti i blog sarebbero potenzialmente irregolari, ma unicamente quelli aventi le caratteristiche di un vero "giornale", in presenza delle quali, scatterebbe un obbligo di registrazione ai sensi della legge n. 47 del 1948, pena la sanzione penale.
A tutti coloro che frequentano la rete una simile conclusione è sempre apparsa viziata da una vera e propria illogicità di fondo, consistente in un'assurda ed improponibile equiparazione tra una testata giornalistica ed un semplice blog, strumento estremamente diffuso e ormai accessibile a qualunque cittadino privato.
Questo fino al pomeriggio di ieri, 10 maggio 2012, quando finalmente, la Corte di Cassazione ha assolto Carlo Ruta, con formula piena "perchè il fatto non sussiste" mettendo la parola fine (almeno si spera) a quest'assurda vicenda.
Il Collegio, presieduto dal giudice Saverio Felice Mannino ha, dunque, sancito che l’informazione su internet non può essere considerata “clandestina” per il solo fatto di essere presente in rete ed indipendentemente dai suoi contenuti.
All'esito della sentenza Carlo Ruta ha dichiarato: "Questa sentenza di Cassazione è degna della tradizione del nostro Paese, che ha dietro di sé una cultura giuridica di prim’ordine. Mi preme di ringraziare per prima cosa tutti coloro che hanno sostenuto fino all’esito conclusivo questa campagna di libertà. A loro il web deve davvero tanto. Sono passati oltre sette anni, e questa sentenza, determinante per il destino della comunicazione in rete, ripaga i sacrifici fatti e l’impegno di tutti. D’ora in poi possiamo dirci davvero più liberi".
Il suo difensore, Avv. Giuseppe Arnone, al quale va il merito di aver sempre creduto di portare a fondo questa battaglia di libertà ha dichiarato: "Oggi la Corte di Cassazione, accogliendo le mie argomentazioni, ha scritto una pagina storica in ordine ai valori della libertà di pensiero e d’informazione, anche in relazione ai nuovi strumenti di trasmissione del pensiero. Ancora una volta la massima Corte si è dimostrata ben più avanzata e liberale dei giudici di merito. Giustizia quindi è stata fatta nel modo più alto".
Il suo difensore, Avv. Giuseppe Arnone, al quale va il merito di aver sempre creduto di portare a fondo questa battaglia di libertà ha dichiarato: "Oggi la Corte di Cassazione, accogliendo le mie argomentazioni, ha scritto una pagina storica in ordine ai valori della libertà di pensiero e d’informazione, anche in relazione ai nuovi strumenti di trasmissione del pensiero. Ancora una volta la massima Corte si è dimostrata ben più avanzata e liberale dei giudici di merito. Giustizia quindi è stata fatta nel modo più alto".
Naturalmente, oggi non è ancora possibile conoscere le motivazioni della sentenza, ma è già possibile affermare che la Suprema Corte, qualunque sia il ragionamento logico adottato, ha sicuramente deciso con buon senso e secondo una visione realistica ed attuale della rete.
E tale decisione, dunque, ancor più, dovrà richiamare l'attenzione del legislatore sulle tematiche dell'informazione all'interno del mutato contesto tecnologico in cui operiamo.
Come abbiamo già affermato, in altre occasioni, infatti, non c'è più tempo da perdere e l'attuale legislazione deve essere urgentemente rivista e aggiornata, al fine di essere adeguata, nel rispetto dei diritti di tutti, alla nuova realtà tecnologica, lontana ormai anni luce dal "modello cartaceo" dell'informazione.
Possiamo, allora, per il momento rallegrarci per la "riconquistata libertà" del web italiano, con la consapevolezza, però, di non poter mai abbassare la guardia, al fine di evitare che la libertà di espressione del pensiero, diritto inviolabile e fondamentale della nostra civiltà e della nostra democrazia, continui a correre il rischio di essere messo in crisi da maldestri tentativi di regolamentazione della rete.
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