Il Parlamento europeo boccia ACTA: è veramente finita ?

In data 3.07.2012 con una larga maggioranza (478 voti contro, 39 a favore e 165 astensioni) il Parlamento europeo ha bocciato il Trattato Anti contraffazione su Internet più noto come “Acta” (Anti-Counterfeiting Trade Agreement) del quale avevano chiesto l'applicazione anche in Europa gli Stati Uniti d'America.

Ma cosa è in realtà l'ACTA ? L'ACTA, in inglese Anti-Counterfeiting Trade Agreement e cioè Accordo commerciale anticontraffazione è un trattato internazionale stipulato nell’agosto 2011, sottoscritto il 26 gennaio 2012 fra 22 stati dell’Unione Europea ed altri 10 stati (USA, Giappone, Canada, Svizzera, Australia, Nuova Zelanda, Messico, Marocco, Singapore, Sud-Corea.
I negoziati tra i vari Stati, le molteplici stesure del documento e gli elementi fondanti dell'accordo sono, però, sempre rimasti segreti all'opinione pubblica, ad eccezione di rare fughe di notizie da cui si è subito ipotizzato che l'accordo avesse quale finalità principale quella di consentire all'industria del cinema e della musica il controllo dei contenuti Internet presenti su Internet.

Il testo dell'accordo, dunque, rimane pressochè segreto almeno fino al 24 aprile 2010, data del primo rilascio ufficiale di documenti concernenti l'ACTA, tanto che nel marzo del 20120 il Parlamento Europeo con larga maggioranza delibera di richiedere una formale trasparenza sui negoziati agli altri Stati, fino alla definitiva bocciatura recentemente espressa.


L'accordo nasce, almeno formalmente, al fine di salvaguardare i diritti di proprietà intellettuale da fenomeni quali la contraffazione dei marchi, la pirateria informatica, musicale, ecc.. e individua un vero e proprio codice di comportamento comune a tutti gli stati aderenti consentendo loro di bloccare appunto fenomeni quali la diffusione di pubblicazioni coperte da copyright e di applicare le relative sanzioni, sia sotto il profilo civile che penale.


Non solo, ma altra novità rilevante è costituita dalla possibilità per gli Stati aderenti di obbligare chi abbia pubblicato in rete materiale protetto da copyright a rivelare la fonte che gli ha consentito tale  pubblicazione.

L'accordo prevede, inoltre, sanzioni penali per chi diffonde opere artistiche (es: film o musica) senza il relativo pagamento dei diritti d'autore (così come peraltro già previsto dalla legge attualmente in vigore) con la novità, però che all’autorità giudiziaria viene riconosciuto il potere di sequestrare e distruggere ciò che è soltanto “sospettato" di reato.

In casi urgenti, addirittura, si prevede tali azioni impositive possano essere effettuate senza neppure avvisare il presunto autore del reato con evidenti rischi di un uso distorto di tale sistema, trattandosi di materia da trattare in maniera molto equilibrata e sempre al limite tra la necessità di reprimere un illecito e quella di tutelare la libertà di espressione del pensiero.

A questo punto, una volta bocciato l'accordo, occorre, comunque, chiedersi se sia opportuno affidare la regolamentazione di una materia così delicata ad organismi sovranazionali ovvero lasciare (come nella situazione attuale) il problema alla legislazione nazionale.

Personalmente ritengo che, vista l'entità del fenomeno e la particolarità della rete che, per sua natura, non può essere ingabbiata nelle maglie strette di una legislazione particolare, invocare un ritorno alla legislazione nazionale non sia utile e nemmeno produttivo sotto diversi aspetti, tra cui l'impossibilità di tutelare opportunamente i marchi nazionali, qualora ogni singolo paese non aderisca ad alcun accordo.

Piuttosto sarebbe opportuno studiare accordi sovranazionali impostati su altre basi e non certamente basati soltanto sui poteri inibitori e sanzionatori rimessi alle singole autorità nazionali.

Alla fine della discussione parlamentare che ha bocciato il trattato, il presidente Martin Schulz ha dichiarato: "Era la soluzione sbagliata per tutelare la proprietà intellettuale" ed ancora il relatore Davide Martin ha aggiunto: «Sono molto felice che il Parlamento abbia deciso di seguire la mia raccomandazione di respingere Acta",  «Tuttavia l'Ue deve trovare vie alternative per proteggere la proprietà intellettuale. Sosterrò sempre le libertà civili rispetto alla protezione del diritto di proprietà intellettuale».

Ebbene, crediamo che proprio questo sia lo spirito giusto per affrontare il problema: trovare un equilibrio tra la protezione della libertà intellettuale e quella dei diritti civili, equilibrio che, fino ad ora dal Trattato non era mai emerso.

Sul problema si sono mobilitate migliaia di persone, soprattutto sulla rete utilizzando i mezzi di comunicazione ormai più diffusi quali i social networks attraverso i quali sono state lanciate iniziative di sensibilizzazione e raccolte di firme.

Lo stesso Parlamento europeo ha ricevuto una petizione firmata da 2,8 milioni di cittadini di tutto il mondo che chiedeva appunto di non approvare il trattato. Al di là delle singole motivazioni e nel rispetto, anche delle opinioni contrarie, è stato, comunque, un grande esempio di democrazia partecipativa di tutti gli utenti della rete senza precedenti.

Ma dopo tutto questo cosa succederà ?

Come sopra precisato certamente la questione non può e non deve fermarsi qui, ma rimane ancora aperta, e potrà essere risolta in maniera equilibrata soltanto se, al dibattito, si arriverà senza alcun condizionamento, nè pressione di natura economica, ma unicamente con lo spirito di conciliare il rispetto per il diritto d'autore con quello per la libertà personale.


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